I MIEI bambini!

I miei bambini

Le mie famiglie

Le mie educatrici

Una volta ho sentito anche “i miei genitori” e per tre quarti della riunione ho pensato “devo chiederglielo” e alla fine ho esordito con “scusami ma devo chiedertelo: ma tua madre e tuo padre come mai vengono al nido?”

Il volto dapprima stupito, poi canzonatorio…poi consapevole della collega educatrice vi da un assaggio, non solo di quanto sono antipatica quando mi ci metto (spesso), ma anche di quanto sia anomalo, in generale, usare i pronomi possessivi fuori dall’ambito intimo, in contesto professionale.

Innanzitutto, che voi lavoriate con la figura di riferimento o no, i bambini dei quali vi prenderete cura saranno sempre figli degli altri.

E guardate che questo dettaglio non è da poco:

⁃ vi aiuta a mantenere il giusto distacco professionale: sbaciucchiamenti, “amore mio vieni qui”, “tesorino della dada”, affezionamenti da “mi ti porterei a casa”, illusorie convinzioni di essere genitrici migliori e in rivalità con quelli originari…addio! Siete lì per lavorare e il vostro focus è l’e-ducere non il portarvi a casa fagotti d’altri

⁃ se ricordate di essere alla presenza di “figli d’altri” terrete meglio a mente chi e come dovete tener dentro al processo di riflessione e coinvolgimento nel processo educativo: non solo il bambino come interlocutore ma anche la famiglia. Nello specifico i caregiver genitoriali che verranno considerati risorsa alleata: non esseri inferiori da inculcare di direttive, non esseri estranei da estromettere dal percorso. Interpellarsi a vicenda: necessario ed utile! Abitate un triangolo, non una piramide.

⁃ andare a casa senza fagotto aiuta a trovargli uno spazio simbolico, transizionale ed emotivo nella vostra mente utile a farlo crescere ed anche a far crescere in voi idee utili allo scopo. Lo spazio di separazione è necessario all’individuazione.

⁃ allenate il vostro io interno, le vostre ferite, il “vostro tutto” persona a dire “sto lavorando, qui c’è un confine entro il quale vivere questa relazione come affettivamente competente e/ma alla giusta distanza”

Figlio d’altri già.

Altri che, che vi piaccia o no, avranno per qualche anno piena autonomia decisionale in merito alla loro vita e a quella di colui per il quale lavorate: il bambino. Ragion per cui:

⁃ non sono vostri, nemmeno loro. Sempre figli d’altri con propri personali intrecci di storie, grovigli emotivi, stili relazionali. Non da sottovalutare (né loro né il portato delle loro storie)

⁃ sono i caregiver migliori che quel bambino possa avere (salvo casi limiti da affidare ai servizi sociali). Per cui non sta a voi correggere, rimproverare, umiliare mettendovi sul piedistallo dei sapienti ma semmai offrire nuovi sguardi, divergenti stili relazionali, possibilità evolutive.

Se si è sistema e ci si sente si funziona come tale. Se ci si sente piramide prima o poi i sottoposti si sentiranno oppressi e agiranno o ubbidendo al falso sé richiesto o ribellandosi. Genitori e bambini autonomi, cooperanti e felici sono meglio di una rabbiosa sotterranea (e non sempre) rivolta o ammutinamento. Che dite?

Funziona anche per voi. Educatori ed insegnanti di coordinatrici floride e prolifere. Io per prima che, coordinandone oltre un centinaio, a volte scivolo nel “le mie” e mi faccio imbarazzo da sola. L’autonomia non è forse il nostro focus lavorativo sempre? (Ehi! Autonoma non vuol dire che viaggi per conto tuo e fai come ti pare —> “Il mondo è tuo e tu sei del mondo” gruppo, team, coprogettazione…;) )

Ora, per chi non mi ha già liquidata al titolo con “eh ma è affettivo!” “Eh ma come sei rigida anche gli educatori hanno un cuore” “eh ma insomma sono solo parole! Mica li portiamo davvero a casa” ricordo due cose:

⁃ il linguaggio crea il pensiero e quindi le prassi

⁃ l’analogico è il 90% di ogni atto comunicativo. Quello che sentite, agite e colludete con le vostre ferite/stili relazionali interni SUL bambino o sulla famiglia (triangolo educativo) lo state comunicando forte e chiaro andando ben oltre la giusta distanza che fa- rebbe di voi delle/dei professioniste/i in campo educativo.

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Jessica

*immagine della copertina di Mio! Mio! Mio! Ed Babalibri

Una risposta a "I MIEI bambini!"

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  1. Una riflessione fatta già anni fa sulla questione ” i miei bambini” riguardava anche il lavoro in sezione con la collega quando i bambini, 18 bambini in una sezione erano sempre divisi 9 a testa, sia sulla carta che fisicamente, bambini che anche se erano una sezione condividevano le esperienze sempre con i soliti 8 amici.
    Una riflessione, che ci ha fatto mettere in discussione il ruolo dell educatrice di riferimento, quando i bambini entravano in crisi se all accoglienza non c’era Lei ma L’altra. Era il. Momento di cambiare; dall’educatrice di riferimento alle “persona chiave al Nido”, alla condivisione di spazi, emozioni, amici e adulti, anche i bambini ora possono scegliere con quale educatrice passare la giornata, quale attività fare e con quali amici condividere le esperienze.
    Risultato :bambini più sereni, sicuri, stabili emotivamente, in grado di fare esperienze significative basate su loro stessi.

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