PENSIERO BAMBINO

Come apprende un bambino?

Come uno scienziato.

Partendo da competenze di base innate e muovendosi nel mondo grazie alla naturale curiosità per il funzionamento di ogni elemento (vedi corsi dott.ssa Gabbrielli)

Il bambino si addentra nelle dinamiche della materia, approfondisce, esaminandole, esercitandole, stressandole le leggi della fisica, della dinamica, le leggi, insomma, che regolano il mondo.

Come rotola un oggetto?

Tutti gli oggetti rotolano?

Se cambio piano o introduco altre variabili come cambia il movimento?

Vi capita mai di farvi queste domande quando guardate un piccolo di pochi mesi al nido che muove, su diverse superfici, diversi oggetti provando a farli rotolare?

Probabilmente il suo cervello le domande se le sta, implicitamente, non consapevolmente, ponendo.

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Perché specifico non consapevolmente?

Se un bambino sta facendo una torre e

In modo del tutto inopportuno

Gli chiediamo “cosa stai facendo?”

Cosa risponderà?

A – sto facendo una torre

B- sto esplorando la forza di gravità, il peso della materia, la verticalità….

Ecco. Quando il bambino, con un atteggiamento scientifico ma anche altamente emotivo – coinvolto cioè con tutte le aree di corpo e cervello – si mette ad esplorare il mondo lo fa spinto dalla curiosità che il cervello ontologicamente ha. Curiosità necessaria a conoscere, ordinare, dar senso e classificazione ad ogni elemento con il quale si viene a contatto. Necessità che permette ai neuroni di connettersi, al cervello di costruire archivi di senso, al bambino di costituirsi un pensiero autonomo che via via si farà consapevole ed anche divergente e creativo.

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1. Mosso dalla curiosità esploro il mondo con tutto il mio corpo, mente, sentire

2. Verifico se le ipotesi di base con il quale sono nato funzionano, come funzionano, come variano

3. Esploro la realtà con atteggiamento scientifico: provo e riprovo, formulo ipotesi, riprovo e verifico.

4. E solo dopo sedimento apprendimento.

5. Riparto.

Che scuola serve per questo tipo di pensiero bambino?

Che adulto serve?

Se è attraverso l’ESPERIENZA SPONTANEA, autoguidata, spinta dalla motivazione interna che il bambino impara

cosa serve perchè l’apprendimento si attivi, sedimenti e cresca?

1- un ambiente educativo aperto, eterogeneo, multimodale

2- un adulto in ascolto attivo, capace di fare un passo indietro per favorire le autonomie, sostenendo il senso di autoefficacia di ognuno. Che lavori peró anche ad una progettazione di un ambiente interessante

cioè?

Un ambiente interessante – come dico sempre in formazione – non è quello degli sbrilluccichii, la musica a palla, gli unicorni rosa. Ossia non è un ambiente pieno di stimoli che “giocano da soli” (come direbbe la dott.ssa Chokler) ma un ambiente giustamente sfidante, che inserisca rilanci che si muovono nell’area di sviluppo prossimale di ognuno.

Dunque serve un adulto capace di fare osservazione dei bambini (non guardarli! Osservarli), che si faccia regista NON di lavoretti e attività ma di spazi, tempi e materiali adeguati ad alimentare il fuoco esplorativo nel cuore bambino.

Un adulto, anche, che sa accorgersi delle fragilità e dei bisogni e che si pone come mediatore, facilitatore intervenendo dapprima sempre sull’ambiente e poi, semmai, al fianco. (Vedi come esempio i testi della dott.ssa Lucangeli)

Una scuola questa che non ha a che fare con la direttività e la guida intese come l’adulto portatore di saperi e i poveri ignoranti bambinetti che aspettano di essere imboccati. Ma una scuola delle competenze, degli interessi e dei bisogni che vengono accolti, lavorati e com-presi.

Una scuola che cresce bambini:

⁃ con un buon senso di autoefficacia, requisito base e fondamentale per affrontare OGNI sfida evolutiva della vita,

⁃ consapevoli dei loro bisogni e capaci di esplicitarli, cercare supporto e aiuto anche nei coetanei, metterli a frutto trasformandoli in potenziali

⁃ competenti: fisicamente, mentalmente, emotivamente

⁃ capaci di cooperare, rispettare gli altri, lavorare insomma con l’eterogeneità.

Una scuola democratica

Non delle ubbidienze

Ma dell’autenticità.

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Grazie della lettura

Jessica Omizzolo

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